Acciaierie d’Italia: serve l'intervento pubblico. Ad oggi manca tutto
USB ha partecipato al tavolo convocato a Palazzo Chigi sulla vertenza Acciaierie d’Italia, rinnovando le proprie preoccupazioni rispetto alla sostenibilità finanziaria dell’azienda e alla tenuta complessiva dei siti industriali del gruppo.
Il ministro Urso ha comunicato che le prime due variabili vincolanti, che hanno influenza diretta sulla vertenza ex Ilva, sono certamente la nuova Aia e l’esito delle consultazioni amministrative a Taranto, seguono certamente le vicende giudiziarie con sequestro che interessa Afo 1.
Nel nuovo decreto legge, dovranno inoltre essere predisposte risorse necessarie a dare vitale liquidità, quindi continuità alla fabbrica.
Di fonte a queste dichiarazioni del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, abbiamo come Usb ribadito la centralità delle risorse, ma anche la necessità di non proseguire inseguendo un investitore come Baku Steel che ormai impone una trattativa al massimo ribasso.
Per Usb, resta fondamentale mettere al centro dell’eventuale accordo di programma le questioni ambientali e le sacrosante garanzie per i lavoratori, diretti, appalto e Ilva in Amministrazione Straordinaria. Qualsiasi seguito, per quel che ci riguarda, dovrà passare necessariamente attraverso un intervento pubblico diretto, forte, capace di rimettere al centro l’interesse generale, in mancanza del quale spetta allo Stato fare fino in fondo la sua parta, nazionalizzando i complessi industriali.
Abbiamo inoltre ribadito che un Accordo di Programma non può ridursi a un mero atto tecnico, contenente gli imprescindibili impegni vincolanti sul tema della decarbonizzazione, ma dovrà garantire anche la salvaguardia occupazionale.
Abbiamo sottolineato che il tempo non è dalla nostra parte, perché incombe la pronuncia del tribunale di Milano. Il Ministro ha annunciato che, circa l’emanazione dell’Aia, i tempi saranno celeri. Abbiamo espresso riserve sulla complessità di costruire un Accordo di Programma, senza conoscere gli intenti dell’acquirente.
È evidente, inoltre, che quando sarà presentato, questo piano industriale dovrà riguardare l’intero gruppo. Non è pensabile isolare Taranto dal destino degli altri stabilimenti, a partire da Genova su cui vogliamo certezze su come non far venire meno la cruciale specificità dentro il gruppo AdI. Anche su questo, al momento, manca ogni chiarimento. Questa assenza di visione integrata e di trasparenza rafforza la sensazione di una negoziazione troppo sbilanciata, fragile, tutta incentrata sull’urgenza di “chiudere” con l’acquirente più che sulla costruzione di un progetto strategico per il Paese.
USB ha già presentato pubblicamente una piattaforma articolata di proposte, che devono necessariamente entrare a far parte di qualsiasi sviluppo futuro. In alternativa, Usb non starà ad attendere la celebrazione di un vero e proprio disastro, prima ambientale e poi occupazionale.
Per l’USB, Governo, Regione Puglia, Comune e Autorità portuale, tutti soggetti a cui si chiede la condivisione di un accordo di programma, devono agire sul piano della responsabilità, perché i lavoratori e la città di Taranto non possono più restare in attesa di decisioni che continuano a slittare. Servono scelte chiare, risorse adeguate e una regia pubblica che metta al centro il lavoro, la salute e la sovranità industriale del nostro Paese.
In ultimo, il ministro del Lavoro Calderone ha dato la disponibilità a convocare le organizzazioni sindacali sugli strumenti straordinari in favore dei lavoratori: incentivi volontari, prepensionamenti...
Usb Industria