Lo sciopero dell’8 marzo e il rinnovo CCNL metalmeccanici
L’ipotesi di contratto nazionale dei metalmeccanici firmato da Fim Fiom e Uilm, è un passo indietro per ogni lavoratrice. Nell’ipotesi d’accordo del CCNL nel capitolo "misure per le donne vittime di violenza di genere” è scritto:
“Per le lavoratrici inserite in un percorso di protezione è previsto il diritto ad assentarsi per un periodo retribuito massimo di 6 mesi fruibile su base oraria o giornaliera nell’arco di tre anni. Le lavoratrici interessate hanno inoltre il diritto: al part-time, anche temporaneo, e ad agevolazioni nella flessibilità oraria e nello smart working; alla formazione al rientro dal periodo di assenza e alla precedenza nei piani formativi programmati; al trasferimento alle stesse condizioni economiche e normative, se vi sono più sedi di lavoro, ove possibile ad accordi speciali, fatto salvo il totale rispetto della privacy, di accordi su Ferie e Par solidali. Le aziende dovranno: dichiarare inaccettabile ogni atto o comportamento di molestia o violenza nel luogo di lavoro, adottare adeguate misure nei confronti di chi li attua, come definito dall’accordo quadro sottoscritto il 25 gennaio 2016; attivarsi per sensibilizzare i lavoratori su questo tema."
La lavoratrice vittima di violenza di genere è quindi allontanata dal posto di lavoro, o meglio è punita, lasciata sola; si allontana la vittima e non il colpevole, un po’ come quando si chiede a una vittima di violenza com’era vestita. Questa è una cosa vergognosa se si pensa a tutto il maschilismo, anche subdolo, che esiste nei posti di lavoro; a tutte le difficoltà che le lavoratrici hanno quando rientrano a lavoro dopo una maternità, l’allontanamento non è una tutela bensì un togliersi di mezzo un impiccio!
Il modello sociale e l’organizzazione del lavoro vigenti utilizzano a proprio vantaggio la discriminazione sessuale. Operaie, cassiere, impiegate benché formate e istruite sono pagate meno e sono discriminate nelle mansioni. Non è un caso che in molti posti di lavoro l'uguaglianza uomo-donna per molti versi è ancora un'utopia, il sessismo è una consuetudine e sono molte le donne che si trovano a subire discriminazioni per via del proprio sesso di appartenenza. Le donne faticano ancora molto per diventare qualcosa di diverso da mogli e mamme. Essere single, essere madri, avere intenzione di diventarlo, costituiscono svantaggi per la carriera lavorativa.
Ai sensi degli artt. 37 e 3 della Costituzione e dell’art. 2087 del Codice civile, il datore di lavoro è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure, anche di natura disciplinare e organizzativa, necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori/delle lavoratrici, Ma tutto questo rimane inapplicato.
Scrivere che s’intende “adottare adeguate misure nei confronti di chi li attua”, è così generico da non significare niente.
Per cambiare la situazione bisogna concentrarsi su come il posto di lavoro può cambiare gli uomini e la cultura maschilista. La questione è sociale e quindi culturale, la cultura maschilista del “manager maschio”, del capo reparto che pervade gli ambienti di lavoro, è diretta conseguenza del modello economico capitalista.
Perciò, se si voleva veramente provare a cambiare le cose, almeno nel CCNL, bisognava scrivere che negli ambienti di lavoro d’ora in poi ci sarà tolleranza zero per comportamenti sessisti e irrispettosi delle donne e per quel tipo di cultura di barzellette, denigrazioni e stereotipi di genere in cui sia gli uomini che le donne sono immersi a causa del modello culturale egemonico, che è appunto quello capitalista. Bisognava scrivere che s’intendeva sconvolgere le norme sociali in base alle quali i commenti e le battute sessisti passano inosservati.
Il trattamento sessista e ineguale delle donne da parte degli uomini è spesso causato dalla necessità, in questo modello culturale, degli uomini di essere visti come abbastanza "virili". Gli uomini consolidano i propri legami reciproci, la propria identità e la propria fedeltà al modello sociale egemone, mettendo le donne nel ruolo dell’"altro", del "nemico comune"; rafforzano la mascolinità non sola denigrando le donne, ma anche denigrando gli uomini che non si adattano allo "standard", in particolare gay e bisessuali, ma anche uomini il cui comportamento è al di fuori delle tradizionali norme.
Pertanto, per interrompere lo status quo è necessario riprenderci gli spazi e prenda forza il protagonismo di noi donne lavoratrici affinché in ogni luogo di lavoro e nelle società si affermino insieme ai diritti sociali, una forte cultura della diversità che abbia tolleranza zero verso le discriminazioni, i commenti e comportamenti omofobici.
Questo CCNL doveva guardare in avanti, al contrario è tornato indietro. La riduzione dell’orario di lavoro, insieme ai permessi poteva essere un modo per ridistribuire i carichi di lavoro familiari, incoraggiando gli uomini a trascorrere meno tempo al lavoro e più tempo a casa. Fino a quando l'impegno degli uomini nei doveri domestici - compresa la cura dei bambini e dei parenti anziani - non sarà equivalente a quello delle donne, gli uomini manterranno sempre un vantaggio economico.
La pandemia ha inasprito le disuguaglianze nei posti di lavoro. Le donne in particolare si sono ritrovate esposte su molteplici fronti, come quello economico, familiare e sanitario. Le dimissioni e i licenziamenti delle donne sono state la maggioranza.
Questo sciopero non è una tradizione ma una forma di lotta, perché serve una trasformazione radicale e generale per emancipare la nostra società: siamo stanche di non essere credute di fronte alle discriminazioni e agli abusi, non ci stancheremo di lottare per avere le stesse opportunità e trattamenti economici dei nostri colleghi maschi, non ci stancheremo mai di lottare per un futuro migliore per tutte e tutti!
Unione Sindacale di Base - Lavoro Privato - Industria