Wartsila vorrebbe un accordo senza garanzie occupazionali. No secco di USB
Il tavolo ministeriale odierno, segnato dallo svolgimento di svariate ristrette tra organizzazioni sindacali e governo, tra governo è azienda, si è infine concluso con una proposta dall'azienda che lascia di stucco: continuità produttiva fino a giugno 2023 e impegno a trovare attraverso il proprio advisor un soggetto pronto a subentrare per garantire la continuità produttiva.
Su questo l'azienda si è spinta a parlare di ben 5 manifestazioni di interesse di cui però nulla è dato sapere.
Per USB la scadenza a giugno è un problema enorme, una pregiudiziale che va rimossa al più presto se si vuole produrre una vera discussione.
È necessario infatti che Wartsila dia garanzie sulla sua permanenza finché non si reperisce un soggetto in grado di riassorbire tutta l'occupazione, con impegni industriali chiari e precisi.
Come USB inoltre abbiamo richiesto che ci sia una governance del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che tolga dalle mani dell'azienda la facoltà di decidere chi andrà a reindustrializzare quello stabilimento. L'advisor, al limite, deve farlo o sceglierlo lo Stato. E per USB meglio ancora sarebbe che quest'ultimo diventi direttamente il soggetto reindustrializzatore.
La crisi Wartsila non trova soluzione, questa come molte altre. Le politiche industriali di questo Paese non possono farle le multinazionali. Serve un nuovo modello di sviluppo economico dove lo Stato sia il principale regista di un intervento strutturale sui settori strategici.
Con queste motivazioni, USB ha proclamato per venerdì 2 dicembre uno sciopero generale per tutta la giornata, con una manifestazione il 3 dicembre a Roma che deve parlare della situazione drammatica in cui versa il lavoro e le lavoratrici ed i lavoratori di questo paese.
Sasha Colautti
Esecutivo USB Lavoro Privato